“Vorrei dirti che non eri solo”- Grande interesse per la presentazione del libro di Ilaria Cucchi a Terni

StefanoCucchiIl Centro Sociale di via Aminale pieno di persone attente ad ascoltare Ilaria Cucchi e Giovanni Bianconi che raccontavano la storia di Stefano, fratello di Ilaria, morto il 22 ottobre 2009, all’Ospedale Pertini di Roma in stato di detenzione. Il 17 giugno 2010 la Procura di Roma chiede il rinvio a giudizio per tredici persone tra medici, infermieri e guardie carcerarie in relazione a questa morte. Presenti alla manifestazione, organizzata da Cittadinanzattiva, che si è costituita parte civile nel processo di Stefano Cucchi, molti cittadini di vari gruppi della società civile e politica e personalità delle Istituzioni, tra gli altri, il dott. Francesco Dellaira, già direttore del Carcere di Terni, Il magistrato Alfredo Rainone, l’ing Giacomo Porrazzini, già sindaco di Terni, operatori delle carceri, volontari ed insegnanti che operano nel settore. Veramente toccante è stata l’esposizione di Ilaria, la quale,” Vorrei dirti che non eri solo” è un titolo che vuol essere un risarcimento morale a suo fratello che le Istituzione le avevano fatto credere che era stato abbandonato da tutti e vorrebbero fare credere ai giudici che Stefano si è lasciato morire, quando, è questa è stata la parte più significativa dell’intervento di Ilaria, dopo una ricerca, fatta di peripezie ed ostacoli burocratici, è riuscita a trovare l’ultimo biglietto scritto da Stefano in cui c’era la prova che cercasse aiuto ad una Comunità, per essere salvato e quindi non voleva morire. Giovanni Bianconi ha spiegato con efficacia perché nella sua introduzione definisce la morte di Stefano, “omicidio di Stato”.  “Indipendentemente dalle responsabilità dei singoli – ha detto Bianconi – che dovranno essere accertate nel processo, Stefano è morto mentre era custodito dalle Istituzioni e dai suoi rappresentanti”. Il dott. Dellaira dopo aver spiegato le difficoltà in cui operano gli operatori del sistema carcerario, e nonostante ciò, quanto si faccia di buono per recuperare molte persone alla reintegrazione sociale, ha chiesto scusa ad Ilaria per eventuali omissione e responsabilità per la tragedia di Stefano. Porrazzini è intervenuto nel dibattito portando un contributo importante, ha sottolineato il fatto che le Associazioni quale Cittadinanzattiva devono essere sentinella permanente affinché l’esercizio della “violenza” legittima (la privazione di libertà in caso di reati gravi) a cui è deputato uno Stato, avvenga in una cornice della Cultura dei Diritti, altrimenti si rischia un corto circuito drammatico che può provocare danni di cui il libro di Ilaria ne è una testimonianza tangibile.

Nel  solo mese di aprile sono morti 11 detenuti, di cui 5 suicidi, 2 per malattia e 4 per “cause da accertare”. Da inizio anno salgono a 50 i decessi nelle carceri italiane: 19 per suicidio, 21 per “cause naturali” e 10 per “cause da accertare”. La loro età media era di 35 anni, 15 erano stranieri e 35 italiani; 2 le donne. Da gennaio sono 59 i suicidi in carcere.  In ultimo, il decesso pochi giorni fa di Cristian De Cupis.

Dati che non aprono nessun telegiornale.

La situazione delle carceri è intollerabile: oltre 68.000 detenuti per una capienza massima di 45.000 persone; ciò costituisce il record di presenze nella storia della repubblica.

Un’occasione per affrontare il tema della tutela dei diritti dei carcerati è la presentazione del libro scritto da

I rapporti del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt) segnalano la drammatica persistenza – oltre alla sovrappopolazione – della violazioni di alcuni diritti dei detenuti, ovviamente e giustamente sanzionate, quali l’accesso agli avvocati e ai medici, la mancanza di personale nelle carceri, tagli alle risorse e quindi incapacità di fornire risposte adeguate al problema dei detenuti.