RU486: inaccettabile arretramento dei diritti e della tutela della salute delle donne
La Regione Umbria si impegni a riprogrammare efficacemente le prestazioni sanitarie dopo il lockdown
e non tocchi un trattamento riconosciuto dalla comunità scientifica
Cittadinanzattiva dell’ Umbria – Tribunale per i diritti del Malato disconosce completamente la decisione della Giunta Tesei che con un colpo di spugna ha cancellato definitivamente il ricorso al trattamento farmacologico per l’interruzione della gravidanza, prevedendone l’uso solo in ospedale.
Tale decisione, oltreché anacronistica, si pone da parte opposta all’indicazione delle Società Scientifiche Italiane di Ginecologia e di Ostetricia le quali, proprio durante la fase di pandemia, hanno sollecitato il ricorso alla RU486 per decongestionare gli ospedali, ridurre il carico di lavoro degli anestesisti e liberare le sale operatorie. Non è possibile nascondersi dietro la possibilità delle Regioni di disciplinare autonomamente la materia della IVG ed i percorsi applicativi più idonei, quando certe scelte bypassano completamente il progresso scientifico, il diritto alla salute dei cittadini e le competenze dei professionisti sanitari.
In Italia, secondo lo studio Nomisma sono stati rimandati circa il 75% dei ricoveri per interventi chirurgici in regime ordinario e considerato che la Regione Umbria, non si è certo distinta per capacità spiccate nel riprogrammare visite e prestazioni, è lecito pensare come il ritorno al tradizionale percorso ospedaliero, possa determinare il superamento dei limiti temporali, previsti dalla Legge 194/78. Una valutazione dei rischi ampiamente sottostimata dalla Giunta Tesei e che dimentica, in particolare, anche le donne che vivono in condizioni di marginalità e vulnerabilità.
Se la precedente Giunta aveva impiegato otto anni a deliberare sul trattamento farmacologico e tra l’altro già ampiamente utilizzato in altre Regioni italiane, la Giunta Tesei si è distinta per veloci tempistiche di ragionamento che lasciano alquanto a desiderare. In un momento storico in cui si sta nuovamente affacciando la necessità di riaffermare il valore dei servizi sanitari sul territorio, di trovare una chiave che assicuri la continuità assistenziale tra ospedale e territorio, di potenziare le cure domiciliari, si è scelto di mettere una scure sulla testa delle donne, molte delle quali necessitano di essere accompagnate in un percorso che gli ospedali, come ci ha insegnato la pandemia, potrebbero non riuscire a garantire, con buona pace dell’umanizzazione delle cure.
Invitiamo la Giunta Tesei a tornare sui suoi passi; simili scelte non rappresentano di certo una delle priorità sanitarie da risolvere in Umbria. Piuttosto, se proprio si vuole dare un segnale positivo ai cittadini sul tema del trattamento farmacologico per l’interruzione della gravidanza, si promuovano scelte volte al potenziamento dei consultori, all’avvio di percorsi gratuiti di informazione sulla contraccezione, alla formazione del personale destinato ad un ambito così delicato, alla realizzazione di procedure da remoto mediante l’implementazione dei servizi di telemedicina.
CITTADINANZATTIVA DELL’ UMBRIA – TRIBUNALE PER I DIRITTI DEL MALATO