LA “MEMORIA” CONSEGNATA AL PRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE DOTTORINI

CISL CITTADINANZATTIVA LEGAMBIENTE LIBERA dell’UMBRIA

PETIZIONE al Consiglio regionale dell’Umbria: “Vitalizi dei consiglieri regionali: passare subito al sistema contributivo, ripristinando la piena legalità costituzionale, restituendo tali somme alla comunità regionale, anticipandone la decorrenza al 1 Luglio 2013, per aumentare da subito, la dotazione del Fondo per la non autosufficienza, per il sostegno dei nuclei familiari deboli e per il rilancio dell’occupazione giovanile

MEMORIA

AUDIZIONE I COMMISSIONE CONSILIARE

PERUGIA 10 LUGLIO 2013

Il vitalizio per i consiglieri regionali non solo non è previsto dalla normativa statale istitutiva delle Regioni, anzi è espressamente vietato dalla legge n.53 del 1962 all’art. 18, che stabilisce appunto che “Ai membri dei Consigli regionali non possono essere attribuiti con legge della Regione prerogative e titoli che per legge o per tradizione siano propri dei membri del Parlamento o del Governo”.

Gli Statuti regionali approvati nel 1971 da tutte le Regioni prevedevano, infatti, la sola indennità, modulata in percentuale su quella dei parlamentari.

I vitalizi furono subito istituiti ed erano legittimi, in quanto “ritagliati” come “quota” ricavata all’interno dell’indennità di consigliere regionale, da percepire in maniera differita, nei limiti di disponibilità del relativo fondo, senza ulteriori oneri a carico del bilancio regionale.

Tutte le Regioni, Umbria compresa, all’atto dell’istituzione del fondo avevano previsto un livello di contribuzione da parte dei consiglieri regionali, da subito totalmente inadeguato ad onorare i corposi vitalizi previsti e così, fin dalla seconda legislatura, furono fatte passare, con l’accordo di tutti i partiti a livello nazionale, delle “leggine” che prevedevano che “l’eventuale disavanzo del fondo può essere integrato con una contribuzione una tantum” – L.R. Umbria n. 8/73 art.3 – a carico del Bilancio del Consiglio regionale”

L’integrazione del Fondo per i vitalizi con risorse a carico dei bilanci dei Consigli regionali, non è stata “una volta soltanto” come prescriveva la legge, ma permanente e sempre più imponente, così da raggiungere nel 2012, in Umbria, oltre il 78% della spesa dei Consigli regionali, con un importo per l’Umbria di € 2.567.929,00 mentre la contribuzione dei consiglieri ammonta a € 703.000,00;

Il “salto di qualità avvenuto appunto con la legge regionale n.8 non trovava legittimazione né in una legge dello Stato, né in una previsione di rango costituzionale, né nello Statuto. La Regione Umbria non aveva titolo per emanare leggi riconducibili alla materia previdenziale, destinate a gravare sul bilancio regionale. Non aveva titolo nel 1973 per il divieto di legiferare in materia previdenziale contenuto nel vecchio art. 117 Cost.; non ha titolo nemmeno dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, che concede alla Regioni la possibilità di legiferare soltanto in materia di previdenza complementare ed integrativa ( ed il vitalizio non è ad essa assimilabile).

Il vitalizio previsto dalle leggi regionali a favore dei consiglieri, con oneri a carico del bilancio regionale deriva pertanto da una norma illegittima, mai costituzionalmente sanata e legittimata e tale illegittimità permane ancora oggi.

Inoltre la Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 289 del 1994, riferita peraltro al Parlamento, nel comparare «i titolari di assegni vitalizi goduti in conseguenza della cessazione di determinate cariche» e «i titolari di pensioni ordinarie derivanti da rapporti di impiego pubblico», osservava che «tra le due situazioni – nonostante la presenza di alcuni profili di


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affinità – non sussiste una identità né di natura né di regime giuridico, dal momento che l’assegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennità di carica goduta in relazione all’esercizio di un mandato pubblico; indennità che nei suoi presupposti e nelle sue finalità ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale ed ordinaria, connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego».
“ Il vitalizio, quindi, piuttosto che avere natura previdenziale, pertanto non revocabile una volta acquisito, deve ritenersi avere una qualificazione di tipo indennitario rientrante tra le indennità per cariche elettive, revocabile sulla base di una nuova determinazione degli organi interni delle Camere, senza poter accampare nessun “diritto quesito”

Nel 2011 con l’art. 14 del D.L. n. 138 – Decreto Tremonti – si prevedeva, per ridurre la spesa pubblica impropria, “ il passaggio, entro sei mesi dalla sua entrata in vigore e con efficacia a decorrere dalla prima legislatura regionale successiva, al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali, cioè un sistema rapportato ai contributi effettivamente versati, senza più pesare sul sempre più ridotto Bilancio regionale ;

A seguito di tale nuova normativa, tutti i Consigli regionali avevano provveduto a modificare la normativa sui vitalizi, ma, invece che adeguarsi a tali nuove prescrizioni, avevano provveduto ad abolire i vitalizi per i “prossimi” consiglieri regionali, mantenendo, però, intatti gli importi per sè stessi, senza cioè applicare il metodo contributivo: un’operazione che rischia di apparire come un’operazione da vera e propria “casta”, la quale non applica le leggi quando riguardano i propri interessi. Tale operazione concordata tra tutte le Regioni aveva come conseguenza non la riduzione della spesa pubblica come recitava il titolo del D.L. Tremonti, ma un aumento della spesa dal 30 al 50%. Tale aumento, già in atto nelle tre Regioni andate al voto in Febbraio, porterà in Umbria un aumento della spesa a carico del bilancio regionale superiore al 50% superando probabilmente i 4 milioni annui, a fronte degli attuali 2,5. Un indubbio risultato positivo per una legge che si proponeva di attuare il risparmio il risparmio della spesa pubblica.

L’anomalia di tali esiti spiega anche comportamenti amministrativi del tutto anomali: il ddl presentato, come consiglieri regionali, dai cinque componenti l’Ufficio di presidenza, non contiene la relazione prevista obbligatoriamente dallo Statuto regionale( art. 35, 2° comma). Ma lo stesso ddl è stato ritenuto comunque ammissibile dall’Ufficio di presidenza, costituito dagli stessi proponenti. La mancanza della relazione è motivata dal fatto che gli stessi proponenti erano a conoscenza del fatto dell’aggravio di spesa per il Bilancio regionale, che non potevano, però, esplicitare in forma scritta. Un fatto che meriterebbe ulteriori approfondimenti e non solo sotto il profilo amministrativo.

Il Governo Monti, consapevole dei dubbi risparmi che avrebbero prodotto tali leggi regionali ed anche a seguito dello scandalo della Regione Lazio è ritornato sulla materia con il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174: “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, …”, nel quale ribadisce il contenuto del Decreto Tremonti, cioè ha emanato un nuovo decreto legge per far applicare una legge, fatto che costituisce di per sé, un vulnus alla Costituzione repubblicana.

Per obbligare le Regioni ad adempiere a tale norma, il Decreto legge aveva stabilito che una quota pari all’80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle Regioni, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e al trasporto pubblico locale, non verrà erogata se non avranno approvato la legge regionale di recepimento entro il 10 Giugno 2013: cioè i fondi per il sociale per lo sviluppo per l’agricoltura etc. potrebbero rimanere fermi nelle casse dello Stato;

In sede di approvazione della legge 213 di conversione del Decreto legge, in una situazione di già annunciata “vacatio”politica del Governo Monti, essendo già prossime le elezioni politiche, un emendamento sottoscritto, tra gli altri, da un ex consigliere regionale in attesa del vitalizio, viene sancito che “ le disposizioni già previste dal Decreto, “ non si applicano alle regioni che abbiano abolito gli assegni di fine mandato”

Tale blitz,se rende formalmente legittime le leggi regionali, compresa la legge 20/2011, non sana però le evidenti illegittimità sostanziali di natura costituzionale.

Poiché le associazioni promotrici della petizione ritengono che il sistema Umbria le sue famiglie e le sue imprese, non possono sopportare un ulteriore pesante e consistente sottrazione di risorse dal Bilancio regionale, come quello che si verificherà con i meccanismi dell’”abolizione del vitalizio”, in un contesto di un progressivo taglio delle risorse, ribadiscono l’invito al Consiglio regionale di procedere rapidamente ad adottare la legge di recepimento del Decreto Tremonti con la rimodulazione dei vitalizi per tutti gli ex consiglieri regionali, calcolati sulla base dei contributi effettivamente versati con il “montante” utilizzato dall’INPS;

Siamo convinti che la mancata approvazione della legge sarebbe vista dall’opinione pubblica regionale come una scelta dei consiglieri regionali di rimanere abbarbicati ai loro privilegi, piuttosto che assumere il punto di vista delle famiglie e delle imprese.

Comunque laddove entro il 31 Luglio, non sia stato recepito in una legge regionale il contenuto della petizione sottoscritta da oltre 10.000 elettori ed elettrici del Consiglio regionale, le Associazioni proponenti si riservano di adottare ogni iniziativa utile per raggiungere l’obiettivo indicato nella petizione stessa.