INTELLETTO UMANO : IL SUICIDIO INDOTTO
Diffondere, o più volgarmente, “dare in pasto” alla gente comune, alla quale tutti apparteniamo, il pensiero delle proprie costruzioni ideali e filosofiche e il giudizio della propria coscienza su fatti e persone, costituisce un grave rischio foriero di poche soddisfazioni e di molte sofferenze.
L’ho provato sulla mia viva epidermide e continuerò a provarlo, non per masochismo ma per dovere di testimonianza, poiché non intendo affatto abbandonare la sbarra delle pubblica esposizione.
Anzi, volendomi cimentare di più e meglio, ho dato vita ad un sodalizio filosofico-letterario con Chiara Tiberi che, superando i legami e i vincoli di sangue, possa rappresentare un ulteriore momento, tra gli altri, di raziocinante e franca riflessione e di libero confronto democratico con chiunque lo vorrà, se lo vorrà.
Il presente editoriale è appunto il frutto di una prima composizione ed esecuzione “a quattro mani”, che ci auguriamo possa essere accolta favorevolmente dalle gentili lettrici e dai cortesi lettori.
Sostiene Chiara. Di tempo per sedersi dietro alla propria scrivania per leggere, pensare e riflettere o per dedurre, concettualizzare e scrivere, ve ne è sempre meno. O, forse, è solo che non lo vogliamo trovare, stanchi, come siamo, della accelerata e stressante quotidianità, impigriti e narcotizzati dalla quasi totalità di programmi mediatici, visivi e non, privi di un qualsiasi contenuto rilevante per la vita intellettuale e morale delle donne e degli uomini.
L’epoca attuale, in quasi tutte le sue dimensioni e in quasi tutti i suoi mezzi di comunicazione e informazione, troppo spesso calcolati e manipolati, sembra non fornire stimoli al nostro senso critico, unico in grado di discernere tra il vero e il falso, tra ciò che rientra nella sfera del giusto e ciò che ne rimane fuori.
E’ importante precisare che tale atroce meccanismo non si è innescato né per caso né all’improvviso né, tanto meno, aspetto questo da non trascurare, per incapacità, ma piuttosto per una precisa volontà. Il distrarci continuo con chiacchiere e non argomenti, il tempestarci di messaggi pubblicitari che elogiano ed esaltano la società dell’iperconsumismo, il promuovere trasmissioni che altro non sono se non un insulto all’intelligenza e al decoro culturale, il valorizzare il falso principio dell’ottenere il massimo con il minimo sforzo, il confondere vicendevolmente realtà e apparenza affinché si rimanga in superficie onde limitarci a percepire l’omnia da un’unica prospettiva tanto da non vedere più le questioni irrisolte e il marcio che infesta i circuiti esistenziali, il non voler capire che il più fecondo investimento per rimanere competitivi, in vista di progresso e benessere, non è quello fondato sul denaro, bensì quello strutturato sulla ricerca e sulla cultura; tutto ciò caratterizza la nostra epoca. Vi piace?!?!?.
Ribatte Mario. Siamo probabilmente di fronte a un tentativo di imporci un adattamento necessario e forzato all’attuale “id quod plerumque accidit”, non creato collaborativamente da noi, ma costruito ad hoc da chi ci governa e pretende di comandarci. Così, passivamente, siamo portati a vedere, sentire e comprendere, tutti, allo stesso modo. E’ questa l’originaria essenza dell’uguaglianza? O della democrazia? Ovvero menti drogate e anestetizzate che “pensano” tutte sempre e comunque allo stesso modo?.
Forse, al contrario, la vera uguaglianza risiede nella libertà di pensiero e nella moltitudine dei punti di vista e di visuale, i quali, attraverso l’ascolto e la parola, si incontrano in funzione di un fine comune.
Incalza Chiara, citando J.G. Fichte (Discorsi alla nazione tedesca): “Chiunque crede nello spirito, e alla libertà dello spirito, e vuole il progresso all’infinito dello spirito per mezzo della libertà, dovunque sia nato e qualunque lingua parli, è della nostra razza umana; egli ci appartiene; egli verrà con noi”.
Il timore è quello di essere di fronte ad un blocco inerme e paralizzante che può essere definito come “morte dell’intelletto”, in nome del quale la razionalità della razza umana viene soppressa: omicidio o suicidio intellettuale?.
In entrambi i casi la risposta non può risiedere nella rassegnazione, quanto piuttosto in una, forse troppo presuntuosa, “battaglia delle parole pronunciate ad alta voce”, che non utilizzi però le armi di una mente strategica e demagoga, pronta a confondere e a distrarre la nostra, già smarrita, razionalità. La sfida consiste nel riuscire a risvegliare le nostre più proprie e primigenie facoltà: la meraviglia e la curiosità per tutto ciò che ci circonda, il ragionare non per stereotipi inculcatici, la voglia di essere i fautori di una conoscenza libera. D’altronde già la lezione socratica, basata sul principio fondamentale del metodo del dialogo maieutico, ci insegna che la verità e il progresso conoscitivo trovano il punto di partenza in ognuno di noi. Allora, dunque, i nostri sforzi e il nostro impegno devono essere quelli di ridare vita ad un terreno razionale, fertile e rigoglioso; non possiamo permettere a nessuno di farci derubare della nostra essenza: il libero pensiero e il libero linguaggio.
Assieme, Chiara e Mario pervengono alla sintesi: non possiamo, non dobbiamo rinunciare alla nostra identità personale, morale, intellettuale, culturale, sociale e politica, lasciando che essa venga forgiata e poi manipolata da chi ci vorrebbe più ebeti e servili.
Orvieto 4/11/2010 Chiara e Mario Tiberi