Congresso regionale di Cittadinanzattiva La relazione di Anna Rita Cosso : UMBRIA STATICA E BLOCCATA DA DISUGUAGLIANZE
Premetto che è impossibile per me dirvi tutto quello che vorrei. Sono stati tre anni e mezzo così intensi …. Abbiamo fatto talmente tante iniziative, convegni, raccolte di firme, manifestazioni, conferenze stampa, seminari, incontri con le Istituzioni, campagne, petizioni, ricorsi, monitoraggi, audit civici, iniziative legislative, cause. . Non si contano. Sulla sanità, sui servizi pubblici locali, sui rifiuti, sulle infiltrazioni mafiose, sugli anziani, riassumerli è impossibile. E non ho nessuna intenzione di fare una relazione da congresso, lunga tre ore. Capisco chi lo fa, ma non è il mio genere
Preferisco allora porre delle domande e cercare delle risposte nelle cose che sono accadute in questi anni ma anche soprattutto nelle ultime settimane, dentro e fuori di noi.
La prima domanda da porsi è: a cosa serviamo? Siamo davvero utili?
Per rispondere a questa domanda bisogna partire da una Analisi della situazione: non c’è il tempo e non vi voglio ammorbare con una riflessione sulla crisi economica e finanziaria che è sotto gli occhi di tutti. Se ne parla in continuazione e più ne parliamo e più sembra crescere la disperazione: una settimana fa parlavamo solo dei suicidi, questa settimana abbiamo parlato solo di terrorismo. Ma non si vede una reazione: e la gente non ha speranza nel futuro.
A fronte di tutto ciò, l’Umbria sembra una regione bloccata
L’assemblea di Perugia ha redatto un testo per una campagna, poi trasformato in una mozione al congresso, che ha un titolo significativo: “L’Umbria delle disuguaglianze”
Ve ne leggo alcuni brani, così di getto come li hanno detti, perché a mio parere fotografano una situazione inquietante e un malessere che circola nella nostra regione:
In Umbria esiste una situazione statica e bloccata.
In Umbria la gente è rassegnata a dover andare dall’amico dell’amico per veder rispettato un proprio diritto
Politici, amministratori, dirigenti, occupano certe posizioni (o si alternano in tali posizioni) da così tanto tempo in Umbria da aver paralizzato la dinamica sociale .
La prima disuguaglianza è nel campo della giustizia: perché una giustizia che non funziona, una giustizia con tempi lunghissimi come quella di Perugia, non garantisce ugualmente tutti i cittadini.
Nella sanità assistiamo a tante disuguaglianze: non solo quelle economiche. Chi ha le conoscenze giuste, bypassa tutte le liste di attesa e può farsi un esame in due giorni. E così anche curarsi diventa un privilegio: in intramoenia sei un cliente, se vai tramite il CUP sei uno scocciatore
Un altro tipo di disuguaglianza sta nella posizione dominante del pubblico rispetto all’utente. Questo è un tipo di disuguaglianza contro la quale noi di Cittadinanzattiva possiamo fare molto.
Anche la disuguaglianza culturale è molto importante : cittadini poveri ma meno sprovveduti di altri possono ottenere maggiori servizi perché sanno farsi valere molto meglio. Dobbiamo lavorare per diffondere informazioni e conoscenze.
Credo che in queste valutazioni, che qualcuno riterrà estremistiche ma che a mio parere riflettono una realtà con la quale ci scontriamo ogni giorno, consista la prima risposta alla domanda iniziale . Ma noi a che cosa serviamo? Serviamo a contrastare le disuguaglianze, a far sì che le persone siano tutti uguali. Ogni giorno dentro gli ospedali o ai nostri sportelli o quando presidiamo una piazza, noi lavoriamo per far sì che la gente sia tutta uguale.
In questi ultimi giorni è esploso a Perugia il problema della sicurezza: ci sono quartieri che, senza esagerare, sembrano il Bronx, tra cui quello in cui insiste la nostra sede, via Campo di Marte. Rispetto a questo problema, noi a cosa serviamo? Abbiamo sottoscritto l’appello di Libera
„Le associazioni, che rappresentano la parte più attiva della società civile perugina, vogliono essere partecipi di questa risposta, che necessariamente si dovrà dare, di fronte a questo vero e proprio attacco alla libertà e alla civile convivenza di Perugia.
Da tempo e più volte abbiamo evidenziato il lento degrado che sta uccidendo la città capoluogo e in modo particolare il suo centro storico, svuotato di senso e socialità e sempre più ostaggio di gruppi criminali, di spacciatori e bande che si combattono – da ultimo anche con le armi – per il controllo del mercato della droga.
Questa situazione non può più essere in alcun modo tollerata. Chiediamo pertanto di poter esercitare e mettere in pratica attivamente quel senso di corresponsabilità verso le sorti della città e della comunità che è alla base del nostro impegno civile. Quindi, invitiamo tutti i rappresentanti delle istituzioni democratiche preposte al controllo e alla difesa del tessuto sociale, a coinvolgere la cittadinanza, l’associazionismo di Perugia, in un grande movimento di Liberazione cittadina.“
Perché possiamo essere davvero utili.
Problema delle infiltrazioni mafiose. È ormai chiaro a tutti che l’Umbria non è un’isola felice. Con Legambiente e Libera Umbria abbiamo chiesto e proposto una Commissione d’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose: noi collaboriamo, senza gettoni e senza prebende, e abbiamo fatto un bando pubblico per selezioan re un giovane che collaborasse a un Osservatorio sulla criminalità organizzata.
Il problema del lavoro dei giovani : se ne è parlato in modo accorato al Congresso di Città di Castello. Qualcuno ha un’idea? Almeno fino a qualche anno fa forse funzionavano le raccomandazioni. Ora non ce n’è più neppure per il clientelismo. Ma qualcuno ci sta a sentire se facciamo delle proposte? Perché noi delle proposte ce le abbiamo: ad esempio quando chiediamo di trasformare la vergogna della raccolta rifiuti in Umbria (ancora ferma a livelli ridicoli) mutandola in occasioni di lavoro (nel recupero, nel riciclaggio, nella riduzione, nell’informazione di prossimità)? E non stiamo proponendo alla gente di lavorare come spazzini ma di attivare meravigliose strutture come le riciclerie di Capannori e di Vedelago
Per finire, non siamo un’associazione ambientalista ma è sotto gli occhi di tutti lo scempio chilometri di capannoni nella campagna umbra e lungo le strade principali : con questo obiettivo di salvaguardia del Paesaggio abbiamo aderito all’iniziativa Salviamo il Paesaggio insieme a Legambiente ed ACU.Sperando di riucsire a far qualcosa in tempo
La sanità è uno dei campi di azione in cui tradizionalmente siamo più affermati anche soprattutto grazie ai nostro volontari che garantiscono una presenza quasi quotidiana all’interno delle strutture sanitarie (applauso ai volontari: senza rimborsi spese, senza gettoni, solo per passione, un esempio per tutti). La sanità umbra è apprezzabile e relativamente con i conti in ordine
Due giorni fa mia madre è andata a fare iniezioni di acido ialuronico a 200 euro in uno studio privato (non lo passa il servizio sanitario ma è fondamentale per lei per non soffrire). E’ rimasta colpita dal flusso ininterrotto di gente che andava privatamente da tutti questi medici ospedalieri. Lei commentava : ma dov’è la crisi? Io commentavo: ma dov’è la sanità pubblica?
Le liste di attesa sono un fenomeno eclatante (c e chi dice all-origine di questo fenomeno o forse causate da questo fenomeno, dico io) e noi abbiamo fatto, stiamo facendo una campagna meravigliosa contro le liste di attesa, per far funzionare le strutture pubbliche…24 ore su 24 vi sembra irrealistico ed esagerato?…va bene…diciamo 12 ore al giorno…facciamo funzionare le nostre costosissime attrezzature 12 ore al giorno …. non tre ore come succede oggi!!! Ma alla fine se consideri la mobilita passiva e tutto il resto, chi l ha detto che spenderemo di piu
Sulla rivoluzione sanitaria in regione, di questi giorni la notizia, noi diciamo alle istituzioni: “Volete fare la spending review in sanità? ve lo diciamo noi dove farla. Vi aiutiamo a decidere”. Le istituzioni ci diranno: siamo cittadini anche noi, anche noi lo sappiamo dove sono gli sprechi. E noi rispondiamo : “Ma allora perché non li eliminate!!!”. Questa è la questione: Accettate il nostro aiuto.
Il dibattito su dove mettere le sedi delle ASL appassiona più i politici e i dipendenti che noi, lo capite bene. Per noi potrebbero fare anche una sola ASL per tutta l’Umbria: anche se ci hanno provato nelle Marche e sono poi tornati alle aree vaste (una per provincia). Certo, meno ASL vuol dire meno pressioni sulla spesa, meno pressioni per le carriere: ma allora perché non intervenire sulla sempre più artificiosa separazione degli ospedali dalle ASL a PG e TR, la vera integrazione da conquistare; inoltre molte delle misure che consentono di risparmiare soldi sono previste da ormai più di due PSR, ma poiché mancano i piani attuativi locali le “direzioni aziendali” non hanno fatto granché!.
Insomma la crisi finanziaria è solo iniziata e potrebbero mancare a breve ben altre risorse: se non si attiva un processo di reciprocità e coinvolgimento dei cittadini, i risparmi da accentramento servono a ben poco..
Sui servizi pubblici locali, pochi mesi dopo la vittoria l’anno scorso del movimento referendario dell’acqua bene comune, che ha fatto pensare a tutti che le cose stessero davvero cominciando a cambiare, ci si è nuovamente impantanati.
Vedete,quando diciamo servizi pubblici locali, parliamo della nostra vita quotidiana: parliamo di acqua, di rifiuti, di trasporti locali, di manutenzioni del verde e delle strade, insomma, la nostra vita.
Il referendum ha portato in questo contesto, permettetemi, spesso finto aziendalista, pseudo aziendalista, gestito molte volte da politici travestiti da tecnocrati, una ventata di energia civica. L’acqua non è vostra, è di tutti. Al di là di tutto ciò che può sembrare velleitario, la straordinaria risposta dei cittadini ha dimostrato che la gente tiene ai propri servizi pubblici. Non solo perché vuole pagare meno, ma anche perché vuole che le cose funzionino meglio.
Noi in questo ambito proponiamo la valutazione civica e il comma 461. Anche di questo ultimamente sento parlare in modo meccanico, automatico, come uno slogan che si dice ma la gente che lo dice ne dà un’interpretazione falsa, meccanica: applicare il comma 461 è convocare i cittadini e leggergli il proprio bilancio? O illustrargli la propria Carta dei servizi? Nooo. Si tratta di operazioni di svuotamento dall’interno, come accadde alla famosa partecipazione, esaltata negli anni ’70. Oggi la partecipazione è valutazione civica, 461 e ovviamente bilancio partecipativo, incentivi e premi per i comuni e le aziende che percorrono questa strada; coinvolgimento nella fase delle scelte della cittadinanza.
Vi ricordo da quale domanda siamo partiti: a cosa serviamo? Siamo davvero utili?
Bene, la risposta è: possiamo essere davvero utili.
A fronte di quanto detto finora la seconda domanda è: ma noi chi rappresentiamo? E strettamente correlata a questa: ma cosa siamo noi? Un’associazione di volontariato, di avvocati, di consumatori, un comitato di comitati, un’associazione ambientalista ….cosa siamo?
Dal punto di vista giuridico – amministrativo, voi lo sapete noi oggi siamo riconosciuti come associazione di promozione sociale (ai sensi della Legge 383/2002) : in quanto svolgiamo” attività di utilità sociale a favore di associati e di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e della dignità degli associati.”
E siamo anche iscritti a livello nazionale nel registro delle ONLUS .
Bene, quello che noi vediamo in molte associazioni simili a noi è il prevalere di modelli “agenzia” in cui ad esempio in una regione come l’Umbria possono bastare due persone a fare un’associazione regionale dei consumatori e 8 a fare un’organizzazione ombrello. L’importante è svolgere dei servizi a sostegno dei cittadini o dei malati o dei consumatori.
Noi siamo sempre stati contrari a questo tipo di impostazione : anche se sarebbe più facile e meno faticoso. Stare in un ufficetto da soli, dare ogni tanto un’intervista su un caso eclatante, fare dei progetti finanziati dalla Regione, un convegno, due conferenze stampa l’anno : ecco fatto quella che , volendo limitarsi a sopravvivere, potrebbe essere l’attività di una nostra organizzazione a livello regionale.
Ripeto : quella che ho descritto non è la nostra situazione ma è quello che saremmo potuti diventare se non avessimo preso in mano il nostro destino e soprattutto se non avessimo riflettuto in modo autentico sulla dimensione territoriale.
Ma allora (la terza domanda) : cosa vuol dire essere un’organizzazione finalizzata al cambiamento sociale_
E’ molo di moda parlare di empowerment, cioè di incremento della soggettività e del potere delle comunità locali e dei singoli individui . E’ un anglicismo per esprimere un concetto che noi abbiamo ben presente fin dai tempi in cui parlavamo di “democrazia diretta”, “potere popolare”, ecc. Cioè fin dai tempi della fondazione del movimento. Se noi consideriamo l’empowerment un processo emancipatorio grazie al quale le persone svantaggiate imparano a far valere i propri diritti, ad accedere alle risorse e partecipare attivamente al processo creativo e decisionale della società, è evidente che il nostro modello organizzativo deve adeguarsi a questo compito
UN’organizzazione a servizio dell’empowerment e dello sviluppo non può permettersi di funzionare come un’agenzia di servizi ma deve svolgere un lavoro legato alla base della cittadinanza:
noi non possiamo limitarci ad essere un mero sportello reclami, meritorio si ma non sufficiente né ad emancipare le persone (che anzi spesso si passivizzano ricorrendo a noi) né ad operare cambiamento.
Ci sono stati anche casi (per fortuna isolati e destinati a estinguersi) di sezioni del Tribunale per esempio che assumendo lo status quo senza minimamente provare a cambiarlo anzi usandolo nei suoi aspetti deteriori usavano il proprio prestigio e quello del Tribunale per far passare avanti nelle liste di attesa quanti si rivolgevano a loro, per chiedere piaceri ai medici, per farsi belli con i potenti.
Ma è ovvio : se si abbandona la prospettiva collettiva ci si trasforma in un’Agenzia tecnicizzata e la politicità si riduce a clientelismo.
Io credo che un movimento che intenda potenziare la soggettività di gruppi e individui facendo mobilitazione civile debba essere capillarmente radicato nella società, nei quartieri, nei servizi : e su questo noi abbiamo molto da fare.
Il movimento che sogno è un’organizzazione grande, aperta, con tanti aderenti, che vengono a collaborare perché incontrano qualcuno che glielo propone e perch{ ne sentono parlare.
Occorre davvero rifondare un movimento con uno spirito nuovo chiedendo alla gente di essere protagonista e creando un mix di stili : con la verve dei comitati rifiuti zero, con la potenza simbolica di Greenpeace, con la concretezza e la fantasia di Legambiente, con il radicamento delle parrocchie, con la spregiudicatezza di Wikileaks, con la voglia di stare in mezzo alla società del Movimento federativo democratico (per chi non lo sa era il vecchio nome di Cittadinanzattiva) delle origini.
Dobbiamo anche avere il coraggio di lavorare insieme agli altri, rifiutando un isolamento nella torre d’avorio della nostra storia e dei nostri passati successi : in questi anni abbiamo speso tante energie ( e ne sono orgogliosa, e una delle cose di cui sono piu orgogliosa) a costruire alleanze con alcune associazioni (qui abbiamo avuto alcuni loro rappresentanti) dell’ambientalismo, del consumerismo, del volontariato. In ogni campo abbiamo scelto i migliori, i più coraggiosi, i più audaci.
Con loro abbiamo lanciato la sfida del comma 461: rovesciare la gestione dei servizi pubblici locali, partendo dal basso, facendoli valutare ai cittadini associati. Esisteva dal 2008 questa legge che dice che nel campo dei servizi (trasporti, rifiuti, acqua, energia) occorre far partecipare i cittadini alla programmazione e alla valutazione. Era semplicemente disattesa. Ora insieme con altre associazioni dei consumatori siamo arrivati al rush finale: sui trasporti e sui rifiuti stanno per partire due grandi progetti di valutazione civica che caratterizzeranno i prossimi mesi di lavoro.
In questi mesi intensissimi di preparazione dei congressi locali e del congresso regionale , abbiamo vissuto momenti di scoramento e di grande speranza: ogni tanto qualcuno ci smontava dicendoci “Non si può cambiare! Nessuno piu vuole impegnarsi”. Insomma quello che ci si proponeva era la rendita di posizione: quel che hai ti basta perché tu, leader, hai visibilità e prestigio. Non ti serve altro, non ti serve la gente, non ti serve il confronto e l’apertura.
Spesso andando in giro per l’Umbria (il più delle volte io e Paola Giulivi, dice lei: io Don Chisciotte e lei Sancho Panza, molto più spesso il contrario, lei Don Chisciotte –idealista e radicale – e io Sancho Panza – diplomatica e accomodante) ci dicevamo: “Forse sarebbe meglio lasciar perdere. Questo movimento non può crescere, non puo fare di più.” E poi io raccontavo la storiella di Walt Disney. La sapete no? Per costruire Disneyland Walt Disney aveva bisogno di tanti soldi. E riceveva continui no dai potenziali finanziatori. Dopo 69 no, è arrivato il primo fatidico SI: Noi dopo quanti NO ci scoraggiamo?
E infatti all’improvviso abbiamo visto le persone venir fuori , spontaneamente, come l’acqua sgorga dal rubinetto, semplicemente con la voglia di esserci e partecipare. E’ successo dappertutto, quasi dappertutto. Gente vera, concreta, onesta, libera, che si è messa a disposizione. Spesso individuata e coinvolta da quelli stessi che all’inizio mi dicevano :”Per carità. Non c’è nessuno”
Vi ho raccontato la scommessa che abbiamo fatto tre anni e mezzo fa: oggi siamo a metà strada. Anzi, mi permetto di dire, il bello viene ora. Tanti volti nuovi hanno in mano il potere nella nostra organizzazione (quale potere direte voi? Il potere di cambiare le cose, dico io). Io mi ricandido al secondo mandato perché sento che devo finire le mia partita Ma so già che, se oggi sarò rieletta, quando mi ritroverò qui alla scadenza del mio secondo mandato, pronta a passare il testimone, questo Congresso avrà solo l’imbarazzo della scelta ad individuare tra tanti potenziali segretari, il nuovo segretario regionale.
E lasciargli il passo sarà il mio premio.
Per finire, non ringrazio nessuno individualmente perche dovrei nominarne troppi, uno per uno. Una sola persona ringrazio e porto ad esempio. Il mio predecessore, Paolo Baronti, un esempio di come si passa il testimone in un organizzazione come la nostra. Senza porre condizioni, senza chiedere nulla, continuando a collaborare, rispettoso e sereno: dovrebbero affidargli corsi di formazione all interno delle organizzazioni civiche. Lezioni di stile e di sicurezza interiore. Perché i leader sanno farsi da parte, quando è ora, pur continuando a rimanere in pista. Grazie Paolo e grazie a tutti.